Convergenza nell'architettura del coro by Dare Segun Falowo

Convergenza nell'architettura del coro by Dare Segun Falowo

autore:Dare Segun Falowo [Falowo, Dare Segun]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantascienza
ISBN: 9788898950843
editore: Zona 42
pubblicato: 2021-10-22T22:00:00+00:00


DUE

I - SENZA SONNO

Gli occhi di Akanbi si spalancarono.

Si rigirò nel letto di strati di stoffa e vide che era solo. Il braciere ardeva basso, i carboni si stavano assopendo sotto una coltre di cenere. L’aria era immobile. Akanbi sentì il respiro scivolargli dentro e fuori dal corpo. Cercò di ricordare cosa lo avesse svegliato. Infine gli tornò in mente l’osso nero nel cielo che divorava un corpo in fiamme dopo l’altro.

Gbemisola lo aveva lasciato solo in quel luogo piatto e verde. Aveva continuato a guardare e a vedere e a gridare da solo, mentre il sogno lo riportava nella luminosa e immacolata pianura, e il grande uomo vestito di bianco nel cielo lo guardava negli occhi con pietà, l’abito lucente come un sole. Poi il grande uomo sarebbe scomparso, i venti avrebbero ricominciato a soffiare e l’oscurità del vuoto avrebbe iniziato a macchiare il tessuto del sogno.

Gbemisola tornò ancora una volta ma ormai non cantava più. Si mise invece a piangere mentre i corpi bruciavano e risalivano verso il vascello. Svanì in un battito di ciglia quando l’incubo raggiunse il punto in cui l’osso nero tornava nell’apertura e la ferita si rimarginava. Akanbi la vide svanire ma non poté voltarsi finché l’osso non fu sparito.

Akanbi si mise a sedere nel tempio e tutte le vertebre della sua schiena scricchiolarono in coro. Dolori acuti gli attraversarono lo stomaco e salirono ad avvolgergli la testa. Gemette e ricordò. Il grande uomo gli aveva finalmente parlato, la sua voce profonda volteggiava nel cielo piatto e nella pianura in echi riverberanti. – Svegliati, Akanbi! Devi seguire subito la tua gente.

Si alzò con grande difficoltà. La sua testa ondeggiava per un’emicrania che quasi lo fece cadere al suolo. Si chinò e iniziò a vomitare. La veste bianca che Fatona gli aveva adagiato sul corpo rimase sulle sue spalle. Akanbi iniziò a singhiozzare, il disagio che sentiva nel corpo era insopportabile. La terra risuonò di un rimbombo rumoroso e breve, come se d’improvviso un branco di elefanti avesse attraversato Osupa alla velocità di un topolino. Si alzò, dimentico di tutto il dolore. Fuori era ancora buio. Si avvicinò al letto di Gbemisola, barcollando, ubriaco di stanchezza.

Akanbi sapeva già che Osupa era vuota, ma percepirlo nella realtà gli fece venire voglia di tornare a dormire. La notte fuori sbadigliava per l’incertezza e per quel... quel nuovo tremito fuori. Attraversò il tempio, un passo instabile dopo l’altro.

Nel tempio erano appese varie strisce di stoffa bianca, corna e file di denti. Oggetti-potenza fatti di legno, calcare e fango oscillavano in sacchetti sospesi dal soffitto. Passò davanti all’altare che si trovava al centro del tempio: tre diverse statue di oro pallido e legno nero e rosso scuro stavano in un triangolo su uno strato di trucioli di legno, e intorno alle loro ginocchia c’erano altri oggetti-potenza, una piramide d’oro e diversi cubi di marmo bianco. Le statue erano scolpite rozzamente, esagerando i lineamenti dei loro proprietari, e accanto a loro c’era una borsa di pittura di gesso bianco.



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